3 Febbraio 2018 Retignano 1 commento

Giochi popolari 

Qui di seguito riporto alcuni dei giochi e dei passatempi di una volta, molti dei quali contengono testimonianze di alcuni abitanti di Retignano.[1]

Un, due, tre… stella!

Dopo aver scelto il “capo”, questo si sistema di spalle ad almeno 20 passi dal resto dei bambini, tutti disposti dietro una linea immaginaria.

I bambini possono avanzare lentamente finché il capo è girato. Quando termina la frase “Un, due, tre… stella!”, tutti i bambini devono restare immobili. Quelli sorpresi in movimento devono ritornare alla linea di partenza. Vince il giocatore che per primo arriva a toccare il capo senza farsi scoprire e prende automaticamente il suo posto.

Quattro cantoni

Un bambino, scelto a caso, “sta nel mezzo”, mentre gli altri stanno nei quattro cantoni o angoli dello spazio di gioco che è più o meno un quadrato. Lo scopo del gioco è scambiarsi di posto occupando il cantone libero senza farsi anticipare da chi sta nel mezzo. Chi rimane senza angolo sta nel mezzo. Se i giocatori sono molti sono possibili varianti aumentando il numero dei cantoni e anche quanti stanno nel mezzo.

Elastico

Girotondo, Marcondirondidello

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Lupo mangia-frutta

Tra il gruppo di bambini viene scelto un lupo temporaneamente, mentre tutti gli altri bambini si disporranno in fila davanti a lui. Quindi ogni bambino penserà al nome di un frutto da ricordare e potrà sussurrarlo in un orecchio ai compagni.

Il Lupo dovrà, dopo aver recitato un breve dialogo, pronunciare il nome di un frutto, proseguendo finché non ne nominerà uno fra quelli pensati da almeno uno dei bambini che, al momento della chiamata, dovrà iniziare a correre, rincorso dal lupo, fino a raggiungere il posto di partenza (casa) senza farsi toccare. Se il bambino viene toccato diventa a sua volta il lupo.

Ruba Bandiera

Il giro d’Italia

Sulla piazza della chiesa i bambini formavano un percorso e poi cercavano di spingere il più lontano possibile dei tappi (il gioco era detto anche “i tappini”).

Lorenzo Vannoni spiega che una variante di questo gioco si giocava in spiaggia, dove si tracciava un percorso (spesso facendo strusciare qualcuno mentre lo si teneva per i piedi) e al posto dei tappi si giocava con le biglie (in vetro o plastica).

Strega comanda color

Nascondino

Uno dei giochi più antichi. Un bambino fa la “conta” stando di spalle e ad occhi chiusi. Gli altri giocatori corrono a nascondersi. Terminata la conta, il bambino deve andare a scovare i suoi amici e, una volta trovati, deve subito correre al punto di partenza dove prima contava, chiamato “piomba” oppure “tana”. Se il bambino nascosto arriva in ritardo alla piomba, al turno successivo dovrà contare. È sempre possibile che l’ultimo bambino arrivi e dichiari “piomba libera tutti!”.

Guardie e ladri (Carlovacca)

Il gioco, inventato alla corte francese del Cinquecento, porta i bambini a dividersi in due gruppi, uno formato dai “ladri”, coloro che dovranno nascondersi e continuamente scappare dalle grinfie dell’altro gruppo, quello delle “guardie”.

Ogni ladro che viene toccato o fermato da una guardia viene portato in “prigione”, un luogo prestabilito dove deve rimanere. Il ladro prigioniero resta confinato oltre la linea della prigione, e tende la mano verso i giocatori. Se un altro ladro, senza farsi prendere, riesce a toccare la mano del prigioniero, questo ritorna libero. Quando vi sono più prigionieri essi formano una catena ed è sufficiente che un ladro libero tocchi il primo prigioniero, affinché tutti quelli che sono in contatto con lui siano liberati immediatamente.

Spesso prima che le guardie inizino a inseguire i ladri questi si nascondono, come a nascondino, mentre le guardie non possono guardare e iniziano a inseguirli dopo un tempo prestabilito.

Ercole Vannoni ricorda che i bambini prendevano un po’ di figurine dei calciatori, scrivevano su una di esse “Carlovacca” e il bambino che pescava quella figurina era il ladro, colui che doveva scappare.

Acchiappino

“Acchiappino” (qualche volta detto “Chiappino”) è una variante del gioco “guardie e ladri”. “Lupo ghiacciato” o altri nomi simili (“lupo infuocato”) sono anch’essi delle varianti, dove si ha solo un giocatore che deve inseguire tutti gli altri.

Trottola e Biglie

La trottola era un altro dei passatempi dei nostri nonni. Lorenzo giocava con la “trottola moderna”, portata in auge dal popolare cartone animato BeyBlade. Ercole, che dal canto suo è nostalgico, si ricorda delle trottole di legno che venivano lanciate e fatte roteare grazie ad un filo (di spago).

Il gioco delle biglie sostanzialmente è sempre stato lo stesso. Sia Lorenzo che i nonni concordano sulle modalità di gioco. Si sceglie un piccolo buco nel terreno (“la buca”) che farà come da “traguardo”. Tutti i giocatori si dispongono dietro una linea immaginaria, lontani dalla buca e lanciano a turno la biglia. A giocare comincia colui o colei la cui biglia è andata più vicina alla buca. A quel punto il gioco, che si svolge a turni, ha come obiettivo quello di mandare la propria biglia in buca, così da guadagnare un “superpotere”, quello di poter eliminare gli avversari semplicemente cozzando con la loro biglia. Una volta usciti dalla buca ci si può aggiustare il tiro in qualunque direzione, allungandosi al massimo di un palmo di mano. Vince il giocatore che elimina tutti gli altri partecipanti. Lorenzo e Sara si ricordano bene del percorso che avevano immaginato nell’Aia Tofina, dove la buca era l’appiglio di una fogna e vi erano tante altre “località” come il “Canale di Panama”, dove il cemento tutto sciupato aveva creato una striscia a mo’ di fiume.

Corsa

Ercole Vannoni dice che i bimbi, scalzi, andavano al centro del paese e facevano, uno di qui e uno di là, il giro in tondo. Chi arrivava per primo vinceva cinque figurine dei calciatori. La partenza era al vicinato, uno andava verso borgo sovrano e da lì al colle da Giacinto, sulla piazza della chiesa e tornava al vicinato scendendo dalla Giravolta. Un altro bambino invece faceva lo stesso giro ma al contrario.

Torneo dei “Quattro Quartieri”

Cesare Vannoni (padre dell’autore) ricorda che da piccolo, presso il Campetto, lui e i suoi amici giocavano a pallone partecipando ad un vero e proprio torneo. I bambini si dividevano in squadre, appartenenti ai quattro angoli del paese: Vicinato, Borgo Sovrano, Croce e un altro gruppo.

L’ossetto d’agnello

Antonietta Neri (Retignano 1927 – 2) racconta che da bambini prendevano un osso di agnello, il quale aveva quattro “facce” (da una parte due fori, dall’altra lo si chiamava “gobbo”). Questo ossetto veniva lanciato per aria e si doveva indovinare quale parte sarebbe uscita, perché a seconda della posizione che assumeva cadendo a terra aveva un valore diverso, stabilito dai giocatori… un po’ come giocare a dadi.[2]

“Culo e punta”

Antonietta ricorda che con le spillette a punta per i vestiti si giocava a “culo e punta”: indovinando anche qui quale parte sarebbe uscita si vinceva la spilletta.

Campana

Dama e Filetto

Due giochi popolari tra i bambini, specialmente il secondo dato che si poteva disegnare il tavolo da gioco anche per terra o su sassi. Filetto, gioco antico noto in tutto il mondo, è una variante del tris, dove l’obiettivo è posizionare tre pedine uguali in fila.

Altri giochi che si svolgevano un po’ in tutta la Versilia avevano come unico limite la sconfinata fantasia dei bambini. Francesca Vannoni si ricorda che da piccola lei e i suoi amici si divertivano a giocare “agli indiani”, spesso realizzando dei copricapi a penna con le foglie di castagno intrecciate tra loro.

Gino Bazzichi, invece, con nostalgia ricorda i tempi in cui giocava a «ruzzoloni», ovvero le capriole giù per le piane. «Un gioco per noi ragazzi era anche fare i ruzzoloni giù per le colline, i voltolini giù con il fieno quando c’era da radunarlo».[3]

Note

[1] Per ulteriori approfondimenti: Lido Gherardi, Vita e lavoro della gente dai monti nel primo Novecento in Alta Versilia, volume IV “Giochi e Tradizioni”, Lucca, 1999; G. Bertelli, Lavoro, giochi e tradizioni di tempi lontani, Siena, 1990.

[2] a b Vissi d’Alpe. Storie di uomini e di alpeggi, Lucca, 2007, p.93.

[3] Vissi d’Alpe. Storie di uomini e di alpeggi, Lucca, 2007, p. 82.

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Scritto da Lorenzo Vannoni
28 anni. Chimico analitico con passione per la storia locale e autore del sito